Rapporto sulla qualità dell’aria: l’Italia tra i peggiori paesi europei

2 Ottobre 2017

E’ stato di recente presentato il “Rapporto sulla qualità dell’aria” che la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile ha curato in collaborazione con Enea e Ferrovie dello Stato.
A livello globale sono milioni le persone che muoiono a causa dell’inquinamento atmosferico, il 90% della popolazione vive in luoghi con livelli di inquinamento più alti di quelli raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Un’emergenza che in Europa significa 500.000 morti con dei costi esterni stimati da 330 a 940 miliardi di euro, tra il 2% e il 6% del Pil comunitario. E l’Italia risulta essere tra i peggiori paesi in Europa.
Nonostante le nuove norme in materia, le limitazioni al traffico adottate da diverse città italiane e i carburanti sempre meno inquinanti la qualità dell’aria nelle città italiane rimane critica, soprattutto nell’area padana, da Torino a Venezia, nelle aree metropolitane di Roma e Napoli, nel frusinate, in Puglia e nella costa orientale della Sicilia.
Sono oltre 90.000 le morti premature a causa dell’inquinamento atmosferico, siamo a 1.550 decessi per milione di abitanti, numeri che ci pongono drammaticamente al primo posto tra i grandi paesi europei, in Germania i decessi per milione di abitanti sono 1.100, in Francia e Regno Unito sono 800, mentre in Spagna 600.
È il traffico stradale il primo colpevole di questa situazione, ma anche agricoltura e l’edilizia residenziale fanno la loro parte. Per cambiare la situazione serve una strategia che investa diversi settori della nostra economia e il rapporto contiene dieci proposte, alcune più generali e altre più specifiche di un singolo settore, per rendere più respirabile l’aria delle nostre città:
1) Migliorare la governance. Più che colpevoli gli amministratori locali sono spesso capri espiatori. Per aiutarli occorre una Strategia nazionale per la qualità dell’aria che centralizzi alcune responsabilità per incidere sulle politiche nazionali dei trasporti, sull’energia, sull’edilizia etc.
2) Non considerare solo la CO2. La Strategia Energetica Nazionale e più in generale le politiche energetiche dovrebbero includere una valutazione degli impatti non solo sulla CO2 ma anche sui principali inquinanti atmosferici; finora non tutti gli interventi mirati alla riduzione delle emissioni di gas serra hanno portato beneficio alla qualità dell’aria (come la promozione dei veicoli diesel o dell’utilizzo di combustibili legnosi in impianti inefficienti).
3) Prevenire le emergenze smog. Vista la gravità della situazione occorre adottare un approccio preventivo, introdurre misure straordinarie e divieti di circolazione in città solo una volta superati i livelli di guardia non aiuta a risolvere il problema
4) Disincentivare l’utilizzo dell’auto. Un sistema di mobilità sostenibile non può basarsi sull’auto di proprietà; servono interventi come l’istituzione delle low emission zone, delle aree pedonali e ciclabili, delle aree di sosta o interventi per la promozione della mobilità condivisa (trasporto su ferro, bike sharing, car sharing) con l’obiettivo di portare il parco circolante italiano a meno di 1 vettura ogni 2 abitanti.
5) Investire in infrastrutture urbane green. Servono ingenti investimenti pubblici in favore del trasporto rapido di massa, delle infrastrutture ciclo-pedonali e dei sistemi di logistica intelligente. Attualmente solo il 10% degli investimenti pubblici in infrastrutture è destinato alla mobilità urbana
6) Stop agli standard Euro. Servono nuovi strumenti fiscali ed economici per ridurre velocemente il numero dei veicoli diesel e benzina a vantaggio di quelli ibridi, elettrici o a gas (per il trasporto navale e merci); gli standard euro non si sembrano più efficaci e il “dieselgate” ha lasciato più di qualche strascico
7) Riqualificare i vecchi edifici. Il settore residenziale è il primo responsabile dell’inquinamento da particolato atmosferico: serve un cambio di passo, con strumenti e sistemi di finanziamento innovativi capaci di promuovere interventi su interi edifici o gruppi di edifici esistenti con l’obiettivo di un taglio dei consumi nell’ordine del 60-80%;
8) Regolamentare l’utilizzo delle biomasse legnose (pellet). Linee guida nazionali sull’utilizzo delle biomasse dovrebbero fornire indicazioni circa le tecnologie da adottare e le modalità di utilizzo delle biomasse legnose che, nonostante diano un contributo importante in termini di riduzione delle emissioni di CO2, contribuiscono in modo significativo all’inquinamento da particolato atmosferico nelle città:
9) Ridurre l’uso dell’ammoniaca in agricoltura. L’agricoltura è responsabile del 96% delle emissioni nazionali di questo inquinante (fertilizzanti, gas animali..) e dovrebbe promuovere interventi volti a ridurre l’azoto in eccesso nei terreni (ad esempio con agricoltura di precisione e copertura dei suoli), a mitigare l’impatto degli allevamenti (ad esempio attraverso mangimi speciali e la produzione di biometano) e a sviluppare l’agricoltura biologica meno impattante;
10) Conversione green dell’industria. L’industria è ancora il principale settore in Italia per emissioni di SOX e COVNM, occorre che i grandi impianti (petrolchimici, cementifici, centrali elettriche) rispettino limiti più stringenti, istituire un inventario delle emissioni per i piccoli impianti, e promuovere l’elettrificazione e l’utilizzo di combustibili a basso impatto ambientale in impianti ad altissima efficienza.

Fonte: EarthDay.it