Mobilità ciclabile: “L’Italia non è un paese per bici”, gli investimenti sull’auto sono 100 volte superiori. Ecco il dossier.

29 Novembre 2022

L’Italia investe nell’auto quasi 100 volte più che nella bici: 98 miliardi di euro per il settore automotive e le infrastrutture stradali contro poco più di un miliardo per bonus bici e ciclabili urbane ed extraurbane. Questo senza contare riduzione delle accise e altri sussidi ambientalmente dannosi. Il risultato è che l’Italia, sul piano della ciclabilità, è il fanalino di coda del contesto europeo: le città italiane hanno una media, secondo i dati Istat, di 2,8 km di ciclabili per diecimila abitanti, con grandi disparità territoriali, da zero km in molti capoluoghi del Centro-Sud ai 12-15 km di Modena, Ferrara, Reggio Emilia, considerando i chilometri medi, superiori, di Helsinki (20 km/10.000 abitanti), Amsterdam (14 km/10.000 abitanti) o Copenaghen (8 km/10.000 abitanti).

L’Italia, con l’Unione Europea, si è impegnata a ridurre le proprie emissioni climalteranti del 55% entro il 2030. Per farlo è essenziale decarbonizzare rapidamente il settore dei trasporti, che è oggi causa di quasi un terzo delle nostre emissioni di CO2, ma senza rendere le nostre città davvero ciclabili riuscirci sarà molto più difficile.

È questo il punto di partenza da cui Clean Cities, FIAB, Kyoto Club e Legambiente, sono partite per la realizzazione del dossier “L’Italia non è un paese per bici”, un ricco documento che mostra come, per colmare il gap con il resto d’Europa, alle città italiane servono 16.000 km di ciclabili in più (rispetto al 2020), per un totale di 21.000 km al 2030. Da una stima prudenziale del fabbisogno economico, l’investimento dovrebbe essere di almeno 3,2 miliardi di euro nell’arco dei prossimi sette anni, pari a 500 milioni di euro all’anno, ovvero appena il 3,5% di quanto già stanziato per il comparto auto e le infrastrutture connesse, ma molto di più di quanto predisposto fino ad ora per la ciclabilità.

La proposta delle organizzazioni rivolta al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) e al nuovo Parlamento è quindi di integrare il Piano Generale della Mobilità Ciclistica, approvando un piano straordinario di investimenti per la ciclabilità nella prossima legge di bilancio, con uno stanziamento di 500 milioni di euro l’anno fino al 2030.

Milioni di italiani vorrebbero avere l’opportunità di muoversi in sicurezza usando la bici per raggiungere i propri luoghi di lavoro, di studio o di svago. Ma non possono perché le strade sono il dominio incontrastato delle automobili e mancano infrastrutture adeguate.

Facilitare l’utilizzo diffuso e capillare della bicicletta non è solo una priorità dal punto di vista ambientale e climatico, ma anche parte della soluzione all’epidemia di morti per mal’aria e una questione di giustizia e inclusione sociale.”

Le organizzazioni propongono inoltre:

  • la creazione di una struttura tecnica incardinata nel MIT, con budget dedicato, che coordini il Piano nazionale per la ciclabilità;
  • finanziamenti per sharing mobility nelle città poco appetibili per i grandi operatori di bike-sharing;
  • l’istituzione di un fondo per la promozione della ciclabilità con sgravi, incentivi ad hoc e accordi di mobility management con le aziende;
  • l’obbligo per i nuovi progetti infrastrutturali di prevedere connessioni intermodali;
  • la promozione dell’accesso delle bici ai treni regionali con adeguata fornitura di posti e scontistica sugli abbonamenti;
  • una grande campagna di sensibilizzazione sulla bicicletta come mezzo di trasporto per gli spostamenti quotidiani per lavoro e studio;
  • e un programma di formazione e sensibilizzazione degli enti locali sui recenti sviluppi legislativi in tema di ciclabilità.

Per la realizzazione del dossier, le organizzazioni hanno analizzato, partendo dai dati Istat, i chilometri di corsie o piste ciclabili per diecimila abitanti al 2020 e i chilometri aggiuntivi previsti da PUMS e biciplan. Nel confronto con le grandi città europee alcune città italiane spiccano in positivo, ma oltre la metà dei comuni capoluogo hanno poche o pochissime ciclabili e sono in classe F o G nel rating proposto (dove A+ è il livello più alto, G il più basso). Le ciclabili sono cresciute del 20% tra il 2015 e il 2020, ma oltre un terzo dei comuni non ha costruito un solo chilometro in più, o ne ha addirittura rimossi alcuni. Le disparità territoriali sono grandissime: nella top 10 ci sono solo città del Nord, mentre in coda alla classifica si trovano quasi solo città del Centro-Sud.
La buona notizia è che molti comuni hanno piani ambiziosi che in alcuni casi li vedrebbe scalare fino a cinque classi nell’analisi proposta. Ma di piani si tratta, per la gran parte, ed è essenziale che quei numeri su carta diventino tracciati percorsi quotidianamente da chi si sposta in bici per lavoro, studio o piacere.

Fonte: Eco dalle Città