myCicero e Pluservice: al fianco delle aziende per un nuovo modello di mobilità

19 Ottobre 2020

Pluservice

La dolorosa pandemia di questi mesi è stata anche uno stress test del grado di resilienza della nostra organizzazione sociale, che da anni abbiamo iniziato a definire smart. La fase di emergenza ha realizzato quell’evento traumatico sulle abitudini e le regole a cui la resilienza, appunto, consente di far fronte in maniera positiva, mettendo in campo la capacità di riorganizzare i processi di fronte alle difficoltà, e di reinventare i modi di vita restando sensibili alle opportunità positive che la circostanza può offrire.
L’emergenza CoVid è stata un eccezionale banco di prova anche per la resilienza di myCicero che dalla pesante criticità di vedere azzerati i fatturati per vendita di sosta e biglietti di viaggio, ha saputo trarre un’impareggiabile opportunità per rivisitare la sua offerta, facendo fortemente leva sulle sue radici tecnologiche, ben piantate nella trentennale esperienza di soluzioni ITS dell’azienda madre Pluservice, socio ordinario di TTS Italia.

“Se vogliamo imparare qualcosa da questa esperienza, dobbiamo ritornare a studiare dalle fondamenta il modello con cui si è sviluppato l’incontro tra domanda e offerta di mobilità collettiva – afferma Giorgio Fanesi, fondatore e amministratore delegato di Pluservice e myCicero. Dopo il CoVid, dobbiamo avere il coraggio e la forza di mettere tutto in discussione. Dovendo privilegiare il distanziamento e la giusta sicurezza dei viaggiatori, è ancora valido il modello che si è sviluppato sull’idea di linee primarie di forza integrate da linee di adduzione e mobilità di ultimo miglio?”
E così che si è cominciato a immaginare un nuovo modello di pianificazione, che prevedesse un accesso in vettura più controllato. Sarebbe insostenibile immaginare di ricorrere a vetture più piccole e più facilmente controllabili, in quanto comporterebbe aumentare le frequenze di passaggio e il numero di mezzi e personale viaggiante per garantire il trasporto dello stesso numero di persone. D’altra parte, senza interventi, la popolazione, impaurita dal rischio di contagio, ritornerebbe a privilegiare stabilmente il mezzo privato, disertando il mezzo pubblico con tutte le conseguenti negatività sul sistema traffico e la qualità dell’aria.
Perché non cogliere l’occasione per rimodellare il trasporto pubblico dimensionandolo alle effettive esigenze di mobilità dei viaggiatori, recuperando sprechi e inefficienze e coinvolgendo tutti gli attori con un approccio disruptive win-win?
Per fare questo, però, non poteva bastare la tecnologia, che è certamente il fattore abilitante, ma serviva un cambiamento di mentalità degli operatori, e una loro disponibilità al rischio di cambiare le abitudini degli utenti. Con una capillare roadmap di incontri e discussioni con le più grandi aziende di mobilità d’Italia, da nord a sud, sono stati individuati alcuni irrinunciabili principi: per primo, l’indifferibilità dell’uso intensivo del canale digitale per l’acquisto e l’accesso al servizio; poi, l’abitudine degli utenti a programmare gli spostamenti: prenotare un viaggio deve diventare la regola, relegando lo spostamento imprevisto ad un’eccezione marginale.
Grazie a primari operatori nazionali, si è riusciti a realizzare una strategia di gestione che prevedesse la prenotazione obbligatoria per spostamenti abituali o occasionali, ma comunque prevedibili, che generasse per il sistema integrato della mobilità una richiesta vincolante, ovvero da soddisfare comunque con una modalità di trasporto collettivo. Al contrario, per spostamenti imprevisti, si sarebbe accettato di demandare la soluzione ad un servizio individuale, ancorché pubblico (sharing, taxi), fin qui percepito sempre come fastidioso concorrente, ma ora integrato in una visione unitaria del problema.

È stato molto importante il ruolo degli operatori del trasporto, che hanno favorito questa visione, e hanno allargato il concetto di prenotazione obbligatoria anche per gli abbonati, incentivando, o in alcuni casi prevedendo esclusivamente, l’abbonamento digitale, che ha avuto il suo esordio il mese scorso in molte zone d’Italia, tra cui la Lombardia, grazie alla visionaria posizione che i principali operatori della Regione quali ATM, Arriva e Autoguidovie, hanno voluto assumere su questa tematica.
A ben vedere, lo scenario che si è andato realizzando è stato favorevole all’accelerazione registrata su un modello ben noto agli addetti ai lavori: il MaaS, Mobility as a Service, ovvero la mobilità come servizio, il concetto per cui l’attenzione degli utenti si è via via spostata dal “mezzo di trasporto” all’esigenza di “mobilità”. L’uso dello strumento digitale è un formidabile acceleratore di questa tendenza, perché con esso l’utente ritrova la soddisfazione della propria libertà di viaggio, potendo trovare informazioni e soluzioni efficaci, che possano essere valide alternative all’auto privata.
“La prossima frontiera? Insistere ancora di più sull’utilizzo di pagamenti digitali promuovendo la cosiddetta modalità account based – conclude Fanesi. La logica di funzionamento è semplice: il cittadino potrà utilizzare ogni mezzo di trasporto disponibile, senza doversi minimamente preoccupare di come pagare di volta in volta. Infatti basterà “dichiarare” la propria identità digitale, con una tesserina contactless o lo smartphone, cui sarà stata preventivamente associata una modalità di addebito dei consumi di mobilità, ed il gioco è fatto: a frequenza fissa (settimanale o mensile, con la garanzia di pagare la migliore tariffa disponibile nel periodo) gli saranno prelevati gli importi relativi al suo consumo, che saranno poi ripartiti fra i vari fornitori dei servizi che ha utilizzato. E dopo la mobilità, sarà poi più facile estendere il paradigma agli altri servizi pubblici”. Per agevolare il raggiungimento di questo obiettivo si è recentemente concluso il percorso che ha portato all’acquisizione della quota di controllo di Pluservice da parte di Sisalpay|5, la joint venture tra Sisal e Intesa Sanpaolo.

Fonte: Pluservice