Mind the Gap: un report sul Tpl in Italia

18 December 2025

Il nuovo rapporto Mind the Gap pubblicato da Clean Cities Campaign fotografa la situazione del Trasporto Pubblico Locale (TPL) in Italia: un divario strutturale con l’Europa, radicato in anni di sottofinanziamento e scelte politiche miopi. Un gap che non è più possibile ignorare, perché ostacola la transizione ecologica, peggiora la qualità dell’aria, accentua le disuguaglianze sociali e mette a rischio la coesione territoriale del Paese.

Il rapporto ricorda che l’Italia resta uno dei Paesi con il tasso di motorizzazione più elevato al mondo. Nei capoluoghi metropolitani, tra il 2022 e il 2023, il numero di auto ogni 1.000 abitanti è cresciuto ovunque: +15 a Catania, +14 a Reggio Calabria, +9 a Milano e Messina, +8 a Roma, Napoli e Bari.

In un Paese dove 20 delle 30 città più inquinate d’Europa si trovano in Italia (tra cui Vicenza, Padova, Brescia, Milano, Verona, Torino), l’assenza di alternative all’auto non è un problema di comfort: è un’emergenza sanitaria. La scarsa diffusione di mezzi elettrici privati e l’altissima densità automobilistica contribuiscono a livelli cronici di NO₂ e PM₁₀ che superano ovunque le nuove soglie OMS.

Tre indicatori mostrano lo scarto con le città europee

  • Offerta di trasporto (posti-km pro capite)
    Le città europee analizzate nel rapporto presentano il doppio dell’offerta di TPL rispetto ai capoluoghi italiani, con Milano unica città a collocarsi vicino alla media europea. Il Sud è fanalino di coda: tra Praga/Madrid/Varsavia e città come Napoli, Palermo, Bari, Catania il rapporto è 1 a 8.
  • Livelli di utilizzo (passeggeri pro capite)
    Dove c’è più offerta, c’è più domanda. Le città europee raggiungono una mediana di 410 passeggeri/abitante-anno; nel Centro-Nord Italia siamo sotto quota 300; nel Sud si scende a 70.
  • Estensione delle reti rapide (metro, tram, filovie). Ecco i numeri:

Italia: meno di 270 km di metropolitane, 397 km di tranvie e 722 km di ferrovie suburbane.
Germania: oltre 4.700 km tra metro, tram e ferrovie suburbane.
Spagna: più di 1.400 km di ferrovie suburbane e oltre 600 km di metro.
L’immagine delle reti riportata nel rapporto (p. 16) mostra un divario sistemico che nessun programma di investimenti episodico può colmare senza una strategia stabile e pluriennale.

Senza un TPL equo e capillare, l’auto privata non è una scelta ma una necessità imposta: la cosiddetta forced car ownership, che penalizza soprattutto le famiglie a reddito basso e chi vive lontano dal centro. Secondo l’Osservatorio IPSOS, un italiano su tre abbia rinunciato almeno una volta a lavoro, studio, visite mediche o relazioni sociali a causa delle difficoltà negli spostamenti.

Il rapporto chiarisce che il TPL italiano soffre di due deficit strutturali:

  • Investimenti infrastrutturali insufficienti
    Il PNRR destina al trasporto rapido di massa solo 3,6 miliardi, una frazione minima rispetto a un fabbisogno stimato in oltre 40 miliardi. E dal 2026 le risorse europee termineranno.
  • Fondo Nazionale Trasporti eroso dall’inflazione
    La tabella a p. 18 mostra un dato clamoroso:
    in termini reali, il Fondo TPL ha perso oltre un terzo del suo valore negli ultimi 15 anni.

Il rapporto quantifica un ammanco complessivo di oltre 4 miliardi di euro nel solo periodo post-Covid, senza considerare i mancati introiti tariffari.

Il rapporto analizza lucidamente le misure adottate in diverse città italiane:

aumento dei biglietti (Milano: 1,50 → 2,20 €; Bologna: 2,30 €),
riduzione delle corse (a Milano -15% bus e -19% tram tra 2016 e 2024),
razionalizzazioni spacciate per efficientamento.
Risultato: si peggiora il servizio per chi ne dipende, si disincentivano gli utenti occasionali, si alimenta la dipendenza dall’auto.

Con tariffe cresciute del 44,3% in dieci anni, ma un’inflazione del settore trasporti al +26%, il margine per ulteriori aumenti è ormai nullo.

Il rapporto lo ribadisce con chiarezza:

Ogni 1 euro investito in TPL genera 3-4,5 euro di benefici economici.
Il settore impiega 120.000 addetti, con 5 miliardi di passeggeri trasportati all’anno.
Un forte sviluppo del TPL potrebbe rilanciare anche l’industria italiana degli autobus, oggi ridotta al lumicino (produzione crollata del 90% dal 2006).
Le flotte elettriche, già in rapida crescita, costano meno nel ciclo di vita rispetto a diesel e metano.
Investire nel TPL significa: ridurre inquinamento e congestione, creare posti di lavoro, migliorare la qualità della vita, ridurre le disuguaglianze e preservare la coesione territoriale.

Il rapporto Mind the Gap consegna una diagnosi chiara: il trasporto pubblico in Italia non è debole per fatalità, ma per mancanza di investimenti, scelte politiche e visione strategica.

Per i soci di TTS Italia, il rapporto integrale è disponibile in area riservata: cartella Libreria-Europe

Fonte: Ambiente e non solo